• 11 MAY 15

    La storia degli scavi di Pompei

    La Storia degli scavi di Pompei è affascinante come la storia della città antica e ha contribuito alla fama del sito per il carattere avventuroso della scoperta nelle diverse fasi. Dopo la terribile catastrofe poco si poté fare per recuperare i beni e le persone, per cui l’area fu abbandonata e presto si persero le tracce stesse della vicenda e la memoria di quello che era accaduto e della città stessa.

    Solo nel ‘700 per puro caso un ufficiale austriaco di cavalleria scoprì da un antiquario dei marmi pregiati di chiara origine antica, e venne a sapere che erano stati trovati da un contadino. Il principe d’Elboeuf, così si chiamava l’ufficiale, compreso il valore e l’antichità dei marmi, comprò il campo e iniziò gli scavi, dando alla luce i primi reperti di Ercolano.

    In modo ugualmente casuale fu rinvenuta Pompei, e qui gli scavi, molto più semplici per le caratteristiche del suolo (ricordiamo che Pompei finì sotto una pioggia di lapilli e non sotto la lava di Ercolano), furono condotti sotto la stessa sovrintendenza del re Carlo III di Borbone. Allora gli scavi erano compiuti al solo scopo di rivenire materiali e oggetti preziosi: nessuno dava valore agli aspetti urbanistici e nessuno si interessava alla vita quotidiana, per cui le cose rinvenute si accumularono e furono inviate a Napoli dove costituirono la prima base di quello che sarebbe diventato il Museo Archeologico Nazionale.

    La documentazione degli scavi crebbe man mano, e la rinomanza del sito ebbe una crescita eccezionale in tutta Europa, influenzando l’arte, ma anche il costume, la moda, gli oggetti d’uso comune. Gli scavi proseguirono in modo discontinuo, a seconda dell’interesse che i successivi governanti a Napoli ebbero per la cultura. Certamente i francesi, a partire dal generale Championnet, diedero un grande impulso, e la sorella di Napoleone, Carolina Bonaparte, moglie del re Gioacchino Murat, fece condurre per la prima volta una rilevazione delle mura e una descrizione dell’intera area, cosa che consentì di lavorare in modo sistematico e con consapevolezza piena.

    Con il ritorno dei Borboni gli scavi si fermarono nella loro sistematicità e vennero usati dai reali quasi esclusivamente per intrattenere ospiti illustri, magari animando delle finte scoperte, mostrando reperti precedentemente recuperati come nuove acquisizioni.

    Con l’Unità d’Italia il lavoro riprese alacremente e scientificamente, sotto la guida di Giuseppe Fiorelli. Tra le altre cose, Fiorelli diede l’avvio a uno di quei recuperi che ancor oggi tanto emozionano i visitatori: il calco degli antichi pompeiani morti nell’eruzione.

    Il lavoro di scavo è continuato sempre con alterne fortune, con diversi impegni, con risultati scientificamente non sempre all’altezza. Oggi si mira a consolidare (anche e specialmente fisicamente) l’esistente, a valorizzarlo turisticamente, attendendo tempi migliori per continuare gli scavi, considerando che l’area di Pompei ancora da scoprire è di circa un terzo del totale dell’antica città.
    Chissà quali meraviglie sono ancora sotto terra!

    La fortuna di Pompei

    Le  notizie della scoperta di un’antica città romana, pressoché intatta, e la riscoperta della tragedia da cui era stata colpita, diedero immediata risonanza al sito, che subito, già nel 700, divenne meta di pellegrinaggio di giovani europei in cerca di tracce della classicità. Pompei fu subito tappa obbligata del Grand Tour, quel viaggio che tutti i giovani colti d’Europa dovevano compiere per acquisire quell’esperienza culturale che li avrebbe portati alla conoscenza e al successo nelle arti, nella letteratura, nella vita professionale. Molti romanzi furono ambientati nell’antica Pompei, culminati nel successo degli Ultimi Giorni di Pompei, di Edward Bulwer-Lytton, pubblicato nel 1834 e letto da decine di migliaia di lettori in tutto il mondo.

    Dal libro furono tratti anche molti film, tra cui l’italiano del 1926, che lanciò ulteriormente la fama del sito e che diede prova ai tecnici italiani di grandi risorse per gli effetti speciali.

    Nel 1972, l’Anfiteatro fu sede di un grande concerto rock, Live at Pompei dei Pink Floyd, consacrazione pop della più famosa e importante scoperta archeologica di tutti i tempi.