• 16 MAG 15

    La casa a Pompei

    La gran parte di Pompei è costituita da case private, è quindi possibile vedere in dettaglio tutti i tipi di abitazioni romane che costituivano la residenza dei pompeiani e in rappresentanza non solo di ceti diversi (case per ricchi e case per gente comune), ma anche diverse tipologie legate a epoche costruttive molto differenti.

    Le abitazioni di città

    Alcune costruzioni risalgono al IV-III secolo a.C. e cioè a 400 anni dal cataclisma che sconvolse la città. Si tratta di case di tipo italico, strutturate secondo uno schema ricorrente. (Appartiene a questa tipologia, ad  esempio, la Casa del Chirurgo).  La casa si sviluppava intorno a un grande ambiente – l’atrium – al centro del quale c’era l’impluvium, dove si raccoglieva l’acqua piovana.
    Il tetto aveva infatti un largo foro, il compluvium, che dava luce e che appunto serviva a far cadere l’acqua che veniva raccolta e utilizzata per le esigenze casalinghe. Intorno all’atrium si aprivano le diverse stanze e nel retro della casa c’era un giardino – l’hortus – che era adibito appunto  a orto per la coltivazione di ortaggi per l’alimentazione. Nell’atrium si svolgeva la gran parte della vita quotidiana, qui c’era il larario, cioè lo spazio dedicato ai larii, gli antenati protettori della famiglia. E qui, progressivamente con il tempo, lo spazio assunse un ruolo anche sociale: il capo famiglia delle famiglie più importanti riceveva i suoi clientes, e cioè quelle persone alleate della famiglia che appoggiavano il capo nelle sue attività politiche o commerciali. Quella dei clientes (che non vuol dire “clienti”) è una figura inesistente nella società attuale, e che corrisponde più o meno al gruppo di persone disposte ad appoggiare una persona potente nelle sue attività, innanzitutto di tipo politico.

    L’esigenza di ricevere persone nella propria abitazione, col passare del tempo fece sì che i modelli di casa signorile si sviluppassero secondo una divisione dell’abitazione in una zona pubblica e una privata. E le case di prestigio costruite in epoche più tarde assunsero queste carattere, sul modello delle abitazioni di tipologia ellenistica. Così l’hortus si andò man mano trasformandosi in un giardino di puro scopo estetico, si circondò di un colonnato, e intorno a questo si organizzarono le stanze private dell’abitazione, a partire dai cubiculum, le stanze da letto e dal triclinium, l’importante stanza per i pasti ufficiali.

    Le parti di rappresentanza della casa erano riccamente decorate, e questa ricchezza oggi si può a ammirare sia nei luoghi diretti di visita per quel che riguarda specialmente gli affreschi, sia al Museo Archeologico di Napoli dove sono conservati i mosaici, le stoviglie (favolosi i servizi d’argento per i pasti), gli arredi.
    In alcune case, come la Casa del Fauno, si vede il massimo dello splendore segnato dagli affreschi, dalle statue, dai mosaici.

    Le ville e l’otium

    C’erano poi le ville suburbane, in alcuni casi fattorie che erano al centro di un’azienda agricola, in altri invece vere e proprie residenze aristocratiche dove ricchi pompeiani, ma spesso romani, venivano per praticare l’otium. Sembra buffo pensare che ci sia una pratica dell’oziare, ma per la filosofia diffusa tra i ricchi romani, il lavoro era considerato un’attività in qualche modo avvilente, e invece il massimo che poteva praticare un uomo saggio era, appunto, l’ozio, che non voleva dire non far niente, ma leggere, studiare, riflettere, fare musica, conversare con gli amici, mangiare in compagnia.

    La Campania era terra privilegiata per questa attività, Pozzuoli, Capri, Ercolano, e anche Pompei erano sede di queste ville in cui i ricchi romani potevano godere di un clima mite, di un ambiente favorevole, della presenza di greci (a Napoli, a Cuma, città di antica tradizione ellenica) in cui cioè fioriva la cultura. La più famosa villa di Pompei, la Villa dei Misteri, splendidamente affrescata, era appunto uno di questi luoghi ameni dedicati all’otium.

    Abbiamo detto che il mangiare in compagnia era considerato parte di questa attività di piacevole passatempo. E la stanza principale delle case romane – e di quelle pompeiani, dunque – era il triclinium, dove si consumavano le cene distesi su letti, perché i romani a letto facevano un pò di tutto, dal mangiare al leggere, allo scrivere. Era una modalità copiata, come tante altre, dai greci, e le cene erano non solo occasione di grandi banchetti, ma anche di spettacoli, di musica, di divertimento e di dotte conversazioni. L’otium era infatti la strada per la cultura e per la creazione artistica, solo chi praticava l’ozio, lontano dalle fatiche necessarie a sopravvivere,  era capace poi di scrivere versi, di comporre musica, di realizzare prodotti artistici. Mica stupidi questi romani!