La vita a Pompei prima dell’eruzione
La straordinaria occasione che vive il visitatore di Pompei è di conoscere direttamente la storia di Pompei, non attraverso i libri, ma la sua esperienza diretta. La possibilità di vedere una città di duemila anni fa rimasta immobile nei secoli in tutte le sue attività, quelle pubbliche e quelle private, quelle dei ricchi e quelle dei poveri, degli uomini e delle donne, dei potenti e degli schiavi è unica.
La visita a Pompei è un viaggio nel passato come nessun altro luogo al mondo può rappresentare. Non è il bel monumento, lo spazio pubblico e ufficiale di alto livello artistico, quello che fa di Pompei il luogo unico e indimenticabile. È la vita quotidiana di un antico romano, un uomo che ha lavorato, amato, discusso di politica, si è divertito duemila anni fa e che ora possiamo seguire passo dopo passo, nei luoghi più privati della sua casa, e nei luoghi del suo vivere pubblico.
Disse Goethe che mai una catastrofe aveva procurato tanta soddisfazione nelle generazioni successive.
È un terribile considerazione di raro cinismo, ma è quello che in fondo al cuore pensa chiunque visiti Pompei. Oltre a rivivere lo strazio e il dolore stupito dei 30.000 abitanti che persero la vita in quei terribili tre giorni dell’eruzione.
La casa dei pompeiani ovviamente variava in base al reddito e all’occupazione: si va dalle modeste abitazioni in cui abitavano i più poveri, alle domus dei ricchi, impostate sulla base non solo di una vita comoda, ma anche della rappresentanza. Per arrivare poi alle ville, a partire dalla più famosa, la Villa dei Misteri, splendidamente affrescata, luogo di abitazione per il riposo, l’accoglienza degli ospiti, la meditazione, quell’otium che per i romani era lo scopo più nobile della vita, non tanto l’assenza di occupazione, ma la possibilità di dedicarsi a se stessi, alla meditazione, alla lettura, alla riflessione.
Le attività quotidiane lavorative sono tutte presenti nella città: dai commerci (quello minuto e quello in larga scala), alle attività industriali, come la produzione in larga scala del pane, quasi una piccola industria alimentare di oggi, o le tintorie. E sono presenti anche i segni dell’attività politica, con le scritte che invitano a votare per un candidato o per l’altro.
Ci sono poi gli spazi pubblici, a partire dal Foro, il luogo centrale della vita di ogni città romana, luogo del culto cittadino – il tempio di Apollo – la basilica, che invece non aveva scopi di culto, ma era il luogo dei processi e dei commerci al chiuso. È interessante notare come il culto per gli antichi romani avvenisse al di fuori del tempio, che era la casa della divinità, a cui solo i sacerdoti potevano accedere, e invece lo spaio aperto a tutti, appunto la basilica, era di tipo civile e non religioso, Furono i cristiani, che vivevano in assemblea il culto (ecclesia, cioè chiesa, significa appunto “assemblea”) dovettero scegliere come modello di edilizia religiosa la civile basilica, e non il religioso tempio, e così il termine per noi è divenuto simbolo di luogo di culto. E infatti, visitando la basilica del Foro si vede come essa sia costruita secondo il modello poi usato dalle nostre chiese, con le colonne che dividono le navate e la sede del giudice nella nostra abside che oggi invece è il luogo più prezioso del culto.
Ma il Foro era dedicato anche all’attività privilegiata dei romani per il tempo libero: le terme, in cui uomini e donne (separati in diversi ambienti) passavano il loro tempo in bagni, esercizi ginnici, massaggi, conversazioni.
Il tempo libero era poi occupato da altre attività: gli abitanti di Pompei non si facevano mancare nulla. C’era il teatro, e a Pompei ce ne sono ben due, uno grande e all’aperto, e uno piccolo che allora era chiuso. Lì si rappresentavano le tragedie della tradizione greca, ma anche, e preferibilmente, le farse e le commedie romane, piene di soldati vanitosi, ricchi avari, fanciulle civette, prostitute furbe. Molto è cambiato da allora, ma il carattere umano è rimasto lo stesso.
Ma il divertimento preferito dai pompeiani, come da tutti gli abitanti dell’Impero, erano i giochi gladiatori, che si svolgevano nell’Anfiteatro adatto a questo scopo. Un Anfiteatro, grande e bello, in pietra e non in legno c’è qui a Pompei, nella Campania terra di famosi gladiatori, come sa chiunque abbia visto la serie televisiva dedicata a Spartacus, uno dei più antichi, perché i pompeiani, lo ripetiamo, amavano moltissimo questa pratica sportiva che a noi sembra così crudele e inumana. Lo amavano tanto che facevano il tifo per i propri gladiatori che si scontravano – e non è un’esagerazione – con quelli delle altre località. E si scontravano anche i tifosi, come era successo a Pompei qualche anno prima dell’eruzione, quando gli ultrà di Pompei (come li definiremmo oggi) avevano fatto una rissa con quelli di Nocera, rissa da cui erano morte molti persone. Poco è cambiato da allora, come si vede: lo sport è diverso, ma i tifosi sono sempre violenti e cattivi. La differenza è che allora le autorità sportive erano ben più dure di oggi, tanto che l’Anfiteatro era stato squalificato per dieci anni, e al tempo dell’eruzione la squalifica era ancora in vigore.
Ma non finiva con lo sport il passatempo dei pompeiani: c’era anche l’amore a pagamento. La città è ricca di luoghi della prostituzione, a partire dal lupanare, quello in cui le prostitute offrivano le loro grazie chiunque fosse disposto a pagare.
Tutto è cambiato da allora, ma la motivazione umana è ancora la stessa, e l’esperienza che si vive a Pompei è completa: possiamo vedere come i nostri antenati svolgevano le nostre stesse attività, con le stesse motivazioni, ma con occupazioni e occasioni diverse.
Foto da DroneImages